Silvio Dolci, se non avessi fatto il pubblicitario

settembre 2020

Con Silvio Dolci se ne va una delle figure più importanti della storia della pubblicità italiana.

Si potrebbero raccontare tante cose di Silvio Dolci a partire dalla fondazione nel 1962 a Torino dell’agenzia di pubblicità che ancora oggi porta il suo nome.

Aneddoti avventurosi divertenti eclatanti molti dei quali risalenti al periodo d’oro della pubblicità italiana, per dire della sua capacità di rischiare e innovare, delle innumerevoli importanti campagne pubblicitarie per le innumerevoli importanti aziende operanti sul nostro mercato (tra le tante, basta citare le campagne per Orzo bimbo e Simca), dell’amour fou per la Francia che lo porterà ad aprire un ufficio a Parigi nel fatidico 1968 responsabile anch’esso di campagne per nomi importanti come Philips e J&B.

Testardamente (e di questa testardaggine gli siamo grati) la sua agenzia è rimasta negli anni una delle pochissime realtà orgogliosamente italiane, senza mai cedere alle lusinghe e alle sirene dei grandi network internazionali.

Ma probabilmente la cosa fondamentale che riguarda la sua storia e la sua vita professionale, il suo rapporto profondo con questo mestiere, ce la può raccontare proprio Silvio meglio di chiunque altro, e facendolo ci offre uno sguardo grandemente rivelatore a proposito della sua attitudine.

In un libro uscito qualche anno fa, che raccoglieva alcuni suoi aforismi e riflessioni di lungo corso, Silvio Dolci descrive così l’intreccio inestricabile che ha segnato come costante la sua vita di pubblicitario: “La pubblicità ha lavorato per osmosi con i fatti dalla mia vita. (…) Ogni fatto, pubblico o privato, io l’ho attraversato da pubblicitario.”

E il titolo del libro rappresenta la sintesi perfetta di questo approccio, di questo legame: Se non avessi fatto il pubblicitario avrei fatto il pubblicitario. La pubblicità come un mestiere (un’attività, come la definisce Silvio Dolci) non solo appassionante, ma che ha, o può avere, una solida dignità, e una funzione e un’utilità economica e sociale molto rilevanti. La pubblicità quindi come scelta, come urgenza, potremmo dire.

Qualcuno potrebbe sostenere che questa è una visione romantica, probabilmente figlia di una stagione della storia della pubblicità che è ormai definitivamente tramontata.

Noi preferiamo pensare invece che l’insegnamento di Silvio Dolci possa accompagnarci e guidarci anche nel mare procelloso che navighiamo in questi tempi. Oltre a lasciarci un grande vuoto, Silvio Dolci ci consegna il filo di una passione che va preservato e non spezzato, insieme a un senso e un’etica profonda del nostro lavoro, e tutto questo rappresenta un’eredità straordinariamente preziosa e al contempo una sfida per chi ha raccolto il testimone di questa grande storia, a partire da Marco David Benadì, Partner&CEO Dolci Advertising.

Per ulteriori informazioni: martina.mancini@dolciadv.it 348/1508950